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Turchia: un’economia in crescita alle porte di casa

 
 

di Saverio Francesco Massari

 
 

Negli ultimi anni, molti dei Paesi europei hanno vissuto, e in gran parte ancora attraversano, congiunture economiche molto negative se non addirittura fasi di piena recessione.
In netta controtendenza con il quadro economico generale si è posta l’economia turca che negli scorsi anni ha fatto registrare una performance di grande crescita, tanto da fare della Turchia un caso di successo e un palcoscenico sempre più interessante per nuovi investimenti e per il commercio internazionale.

Ció che subito impressiona quando ci si occupa della Turchia è la capacità pianificatrice che il governo ha saputo mettere in campo e diffondere alla società che, tra retaggi culturali identitari e proiezioni internazionali sempre più marcate, sembra essere cosciente degli ambiziosi traguardi che il momento storico le pone e del ruolo che la nazione sta assumendo nel quadrante regionale.
Proprio da ultimo infatti, il Ministero dello Sviluppo Economico turco ha rilasciato il Programma economico di medio termine per il 2014-2016 che, inserendosi in un’ampia elaborazione di progetto per tutti i settori dell’economia turca, definisce le strategie da intraprendere per giungere l’obiettivo del Primo Ministro Erdogan, ovvero di far entrare la Turchia nei primi dieci Paesi più sviluppati al mondo entro il 2023, data quanto mai simbolica perché coincidente con il centenario della fondazione della Repubblica ad opera di Ataturk.

In effetti, l’obiettivo sembra quanto mai alla portata: nel decennio 2002-2012 la Turchia è riuscita a coniugare sviluppo, crescita e controllo del debito.
Verificando la crescita del PIL, si può osservare come nel decennio citato, questo si sia di fatto  triplicato passando  dai 231 miliardi di dollari del 2002 ai 786 miliardi di dollari del 2012.
Le finanze pubbliche, in parallelo, sono state profondamente risanate con una diminuzione del debito pubblico dal 74% al 40% circa, cogliendo molte delle prescrizioni economiche poste dall’Unione Europea come condizione per il prosieguo del, sempre più improbabile, processo di allargamento alla Turchia.

La crescita dell’economia non si è certo fermata al decennio storico esaminato: invero, la crescita del PIL per il 2013 dovrebbe attestarsi attorno al 3,5% e, dunque, in campo più che positivo anche se l’andamento reale è inferiore alle stime del governo che prevedevano la crescita per l’anno in corso al 4%.
Tuttavia, l’economia turca può contare su due fattori di accelerazione molto importanti, ovvero la crescita della domanda interna e la spesa pubblica.
La crescita economica ha infatti determinato anche una sensibile crescita del PIL pro-capite che si è triplicato nel decennio scorso, creando un mercato interno sempre più vivo e dinamico.
Gli importanti investimenti pubblici che la Turchia sta portando avanti, rappresentano inoltre un volano eccezionale per l’economia: l’infrastrutturazione stradale, ferroviaria, portuale ed energetica alla quale alacremente si lavora, sta riversando in Turchia le più importanti realtà globali nel campo della tecnica e delle costruzioni.

Questo comporta la fine di un gap infrastrutturale che fin ora la Turchia pagava e l’accrescimento della dotazione di know how delle imprese, del ceto tecnico e manageriale turco che si propone poi nei Paesi limitrofi come una competitiva risorsa per lo sviluppo di progetti sensibili nella delicata ed importantissima zona caucasica e medio-orientale.

Tutto ciò, secondo stime del 2011, pone la Turchia al tredicesimo posto al mondo come destinazione preferita per gli investimenti diretti esteri con 123 miliardi di dollari arrivati da ogni parte del mondo, non ultimo dai Paesi del Golfo con i quali esiste un proficuo scambio. 
Nei primi sei mesi dell’anno corrente l’economia turca ha confermato il passo positivo crescendo del 3,7% con una performance di grande rilievo nel secondo trimestre (+4,4%).
Le prospettive future sono ancora positive con un PIL previsto in crescita del 4% nel 2014 e del 5% nel 2015 nonostante il trend non certo esaltante dell’economia globale.
Gli aspetti negativi più salienti dell’economia turca si riferiscono soprattutto al risparmio interno e al ruolo limitato degli investimenti privati.
La scarsa rilevanza dei risparmi privati, attestati quest’anno al 12,6% del PIL e in costante diminuzione nel trend di lungo periodo, non permettono la disponibilità di una liquidità interna sufficiente per il corretto impiego e ciò si traduce in una rischiosa dipendenza dai volatili investimenti dall’estero e dall’investimento pubblico.

In ultimo, le dinamiche monetarie ci consegnano una Lira Turca affetta da un’inflazione del 9% circa e una relativa debolezza: ciò permette un’efficace performance delle esportazioni nazionali, ma rende davvero costosa la bolletta energetica, considerando che la Turchia è fortemente dipendente dagli approvvigionamenti esteri di materie prime, anche per la trasformazione industriale.
Dal punto di vista fiscale, la tassazione attuale vede l’imposta sui redditi aziendali posta al 20% mentre la tassazione individuale è definita su base progressiva da un minimo del 15 ad un massimo del 35%. La tassazione sui dividendi azionari è del 15%.

L’Imposta Valore Aggiunto è attestata al 18% nella generalità dei casi con specifiche modulazioni dell’8% e dell’1% per determinate categorie merceologiche e di servizi.
Sono invece pesantemente tassate le autovetture, specie se di grande cilindrata, le bevande alcoliche e i tabacchi.
Per concludere, è importante sottolineare il trend positivo che caratterizza l’interscambio Italia/Turchia, storicamente sempre importante, ma che ha visto raggiungere livelli di tutto rilievo negli ultimi anni fino a raggiungere una quota di valore complessivo ben oltre i 20 miliardi di dollari.
Il saldo import/export è favorevole all’Italia che dagli scambi con la Turchia guadagna oltre 5,5 miliardi di dollari e risulta essere, nel 2011, il sesto partner commerciale di Ankara dopo Germania, Russia, Cina e Stati Uniti.
Negli ultimissimi anni, l’interscambio è ulteriormente migliorato e nella graduatoria dei partner commerciali il nostro Paese occupa attualmente il quarto posto, con un volume complessivo di scambio pari a 13 miliardi di dollari nei soli primi otto mesi del 2013. 

 
Mirees

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