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by Francesco F. Milan
Nel 2006, mentre le grandi compagnie di diversi paesi europei, dopo aver concluso gli studi preliminari sulla fattibilità dell’opera, avevano avviato la fase di implementazione del Progetto
Nabucco, Eni e Gazprom siglavano una “Partnership strategica”, studiata per realizzare un piano di fornitura diretta di una parte del gas russo in Italia.
A qualche mese di distanza, le due compagnie firmarono un nuovo Memorandum, ideato per porre le basi del progetto South Stream. Fu a quel punto che diversi paesi dell’Unione Europea si trovarono, sostanzialmente, a dover scegliere il progetto al quale aderire: il consorzio del Progetto Nabucco, co-finanziato dall’Unione Europea ed ideato per ridurre la dipendenza dagli approvvigionamenti di gas proveniente dalla Russia, oppure il Progetto South Stream, ideato da Russia e Italia e progettato per fornire il tradizionale gas russo “diversificando le rotte del gas naturale verso l’Europa”, o, in altre parole, aggirando l’Ucraina, paese che nel tempo è divenuto un vero e proprio ostacolo per le forniture di gas russo verso l’Europa.
Bulgaria, Ungheria ed Austria, avvantaggiate dal fatto che i progetti Nabucco e South Stream prevedono entrambi il passaggio dei gasdotti nei rispettivi territori, in un primo tempo avevano
optato per una scelta salomonicamente vantaggiosa, che aveva portato i rispettivi governi e le compagnie energetiche nazionali a stipulare accordi con entrambi i consorzi.
Nel tempo, però, i tre paesi si sono progressivamente allontanati dalla posizione precedentemente assunta, avvicinandosi in modo più o meno marcato alla sponda russa. La Bulgaria, infatti, già interamente dipendente dal gas russo, nonostante la grave crisi energetica dell’inverno scorso, ha recentemente stipulato un accordo con Gazprom (i cui dettagli sono riservati), in primo luogo relativamente agli studi di fattibilità della porzione del gasdotto South Stream che dovrà essere costruita sul territorio bulgaro, in secondo luogo sulla cosiddetta “Fase Due”, corrispondente alla messa in opera delle infrastrutture, prevista successivamente all’approvazione degli studi di fattibilità.
Trascurando, in questa sede, la questione relativa alla Bulgaria, in merito alla quale ci sono ancora poche certezze data la segretezza degli accordi con Gazprom, è possibile concentrarsi sulle
dinamiche che riguardano Russia (ormai doppiamente rappresentata da Gazprom e da Surgutneftgas), MOL e OMV (che insieme controllano un terzo del consorzio Nabucco), per analizzare come le condizioni strategiche sulle quali il progetto Nabucco si era basato nelle sue fasi iniziali siano sostanzialmente mutate in negativo. La cessione delle azioni MOL effettuata dalla dirigenza OMV a favore di Surgutneftgas, infatti, sembra rappresentare un importante segnale della posizione della compagnia austriaca nell’ambito del mercato energetico europeo.
Original title: Il progetto Nabucco e la concorrenza russa