This is an innovative instrument to monitor the region from an economic perspective offering business climate analyses, dossiers, logistics reports and business news
Professor Stefano Bianchini
I mercati europei subiranno indubbiamente cambiamenti radicali nei prossimi decenni grazie alle nuove infrastrutture intermodali che andranno a formare una potente ossatura di collegamenti in Europa, sia rinforzando gli attuali percorsi, sia stabilendone di inediti.
La politica infrastrutturale comunitaria varata sulla fine del 2013 e che rientra, sotto il profilo dei finanziamenti, nel bilancio 2014-2020, ha infatti delineato un quadro particolarmente dinamico, fondato su nove corridoi definiti prioritari: il Baltico-Adriatico; il Mare del Nord-Mar baltico (dalla Finlandia al Belgio); il Mediterraneo (dalla penisola iberica all’Ucraina, passando per la pianura padana); l’Orientale/Mediterraneo orientale (dalla Germania settentrionale al Sud-Est europeo); lo Scandinavo-Mediterraneo (dalla Finlandia a Malta, attraversando l’Italia); il Reno-Alpi (da Rotterdam a Genova e Milano); l’Atlantico (dalla penisola iberica occidentale a Le Havre e Rouen); il Mare del Nord-Mediterraneo (dall’Irlanda a Marsiglia); e infine il Reno-Danubio (da Strasburgo a Kosice e all’Ucraina).
Per dare avvio a questo progetto molto ambizioso e di portata cruciale per i processi di integrazione continentale, il Parlamento europeo ha approvato un finanziamento di quasi 30 miliardi di euro, pari al triplo dei finanziamenti attualmente messi in cantiere, e ritenuti un volano sufficientemente robusto per dare avvio ai lavori e, al tempo stesso, attrarre ulteriori capitali fino a raggiungere la cifra considerata necessaria al completamento di queste opere e stimata in 250 miliardi di euro.
Data, quindi, l’organicità della rete di relazioni intermodali che si prospetta, sono da attendersi grandi trasformazioni – in campo economico-commerciale, sociale e culturale – dalla costruzione di queste vie di comunicazione, con particolari implicazioni per quelle regioni d’Europa in cui, negli ultimi decenni (ma, talvolta, anche da qualche secolo), non si sono registrati significativi interscambi sotto i più diversi profili, ma che ora diventano possibili grazie all’allargamento della UE ad Est e ai nuovi, intensi processi di integrazione.
L’Italia, in particolare, potrà giovarsene sul piano geopolitico in molti modi, se saprà cogliere quest’occasione, perseguendo con coerenza e tenacia una strategia di inserimento nel tessuto intereuropeo: basta solo rileggere l’elenco dei nove corridoi prioritari sopra menzionati per accorgersi che almeno quattro di essi la coinvolgono direttamente, sia intersecandola da Ovest a Est, sia nelle direttrici Nord-Sud, investendo la pianura padana, l’arco adriatico settentrionale e il Mediterraneo nella sua globalità, al centro del quale si trovano proprio il suo territorio e l’insieme del suo sistema portuale. In questo quadro, opportunità inedite si aprono allo sviluppo dell’Emilia-Romagna e in particolare del porto di Ravenna, delle aree romagnole, di Bologna e Ferrara, grazie all’intrecciarsi del corridoio Baltico-Adriatico con quello Mediterraneo (che ricalca il più noto corridoio n. 5).
Di fatto, almeno per quanto riguarda l’Adriatico, i vecchi – preesistenti – equilibri territoriali, in larga misura espressione delle esperienze storiche maturate con la crisi e poi la dissoluzione dei grandi imperi fra Otto e Novecento, delle guerre mondiali e della guerra fredda, sono ora alla vigilia di trasformazioni epocali. Ma a giovarsene sarà il bacino mediterraneo nella sua interezza, poiché nella pluralità delle reti messe in cantiere ben cinque insistono su questo mare, riattivando in taluni casi anche itinerari economico-commerciali che in passato, tanto nel Medioevo quanto nell'età moderna, erano stati molto intensi.
Fra questi, a stabilire un contatto diretto fra la macroregione del Mar Baltico e la prospettata macroregione adriatico-ionica, vi è il corridoio Baltico-Adriatico, che – collegandosi al corridoio Mare del Nord-Mar Baltico – percorrerà in larga misura la rotta dell'antica "Via dell'Ambra", mettendo in collegamento Helsinki con Bologna e Ravenna, via Tallinn, Kaunas, Varsavia, Brno, Bratislava e Graz, mentre una seconda bretella si svilupperà verso Trieste (e una terza, da Graz, scenderà a Capodistria). Di fatto, verrà stabilito un nuovo asse di collegamenti su ferro, gomma e tramite banda ultra larga, fra il Nord-Est e il Sud-Est d'Europa, con ovvie, positive implicazioni per tutto l'Adriatico, ma soprattutto per l’arco dell’Alto Adriatico da Rimini all’Istria. Ponendo fine al suo destino novecentesco di “mare chiuso”, si prospetta ora un futuro assai più dinamico per un bacino che diventerà improvvisamente in grado di mettere in contatto diretto il Mediterraneo Orientale con l’area baltica e i mercati russi.
Al riguardo è facile immaginare quali saranno le prospettive di mercato e di trasformazione amministrativa che si apriranno come conseguenza di un cambiamento così profondo delle reti di scambi, tenuto conto che la Romagna (con il porto di Ravenna) e Bologna (come scalo ferroviario) hanno la possibilità di diventare i terminali più importanti di tale corridoio.
Esistono, in realtà, diversi livelli che debbono essere tenuti presenti (e tutti nell'interesse dello sviluppo internazionale della Romagna e di Bologna) nel considerare la dimensione del cambiamento che si prospetta.
Essi riguardano in particolare:
Tali livelli, interagendo fra loro, eserciteranno ripercussioni innegabili su tutta l’Europa, anche nel caso in cui dovessero perdurare (o perfino aggravarsi) le recenti tensioni politiche con la Russia a causa della crisi ucraina. In ogni caso saranno i processi di integrazione europea a consolidarsi attraverso la nuova rete di vie di comunicazione in costruzione, rafforzando i flussi di relazione, da quelli commerciali a quelli culturali. Si delineano, insomma, cruciali dinamiche e inedite potenzialità di sviluppo economico, di crescita e coesione sociale, di interdipendenza culturale, del turismo, della governance multilivello, nella previsione di una consolidamento di una società inclusiva, innovativa e sicura, come auspicano tutti gli indicatori comunitari più recenti, in vista degli obiettivi indicati dalle istituzioni comunitarie per il 2020.
Di conseguenza, diventa indispensabile attrezzarsi, in vista di appuntamenti tanto impegnativi e attraenti sotto diversi profili. Uno sforzo particolare andrà fatto da esperti d’area per fornire ad operatori economici e amministratori pubblici strumenti adeguati, informazioni e analisi di prospettiva relativamente ai prevedibili mutamenti di mercato e sociali, e con ciò contribuire a far sì che il tessuto produttivo e amministrativo della Romagna si prepari convenientemente ad una trasformazione che potrebbe agevolarla moltissimo nei prossimi decenni.
Non c’è dubbio, infatti, che le implicazioni prodotte dai prospettati cambiamenti nel futuro (prossimo) di “mercati in movimento” fra Mediterraneo orientale, Nord ed Est Europa – nel quadro più ampio di scambi con l’Asia – avranno un rilievo cruciale per lo sviluppo non solo del nostro Paese, ma soprattutto della regione emiliano-romagnola e, in particolare, delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, con ricadute di grande spessore nel settore del turismo, sia esso di svago, culturale, d’affari e congressuale, termale, naturalistico, religioso.
Secondo calcoli di massima, il collegamento fra il Mediterraneo orientale e il Baltico, grazie alla realizzazione del corridoio Baltico-Adriatico, ridurrà i tempi di trasporto delle merci di ben 4 giorni rispetto al tradizionale percorso via Rotterdam. Prepararsi, quindi, a capire quali ripercussioni potranno innescarsi con la costruzione del corridoio Baltico-Adriatico significa andare molto al di là della costruenda macroregionale adriatico-ionica, coglierne la nuova dimensione spaziale, per recepirne tutte le potenzialità strategiche (economiche, culturali, commerciali, produttive..), favorite da un quadro di forte integrazione europea in grado di prefigurare la restituzione all'Adriatico e al Mediterraneo del ruolo che questi avevano esercitato nei commerci internazionali prima della scoperta dell'America e, successivamente, del crollo dell’Impero absburgico.
Non si tratta di esagerazioni. Di fatto, il corridoio consentirà di collegare l'Oceano Indiano, attraverso Suez, con l'Alto Adriatico, i porti di Ravenna e Trieste, nonché lo scalo ferroviario di Bologna con il Golfo di Finlandia, i mercati del Nord Europa e della Russia, alla luce – fra l'altro — del recente ingresso di quest'ultima nell'Organizzazione mondiale del Commercio.
Anche scontando un periodo di tensioni con Mosca a causa della questione ucraina, la globalizzazione è andata ormai troppo avanti perché possano riprodursi devastanti fratture come in passato (a meno che non si arrivi a sviluppi catastrofici che certo si spera vengano evitati). In realtà, dopo la fine della guerra fredda e l'allargamento ad Est della UE, ora sono la geopolitica e la geoeconomia europee a cambiare radicalmente anche solo le relazioni infra-europee.
E’ importante, peraltro, comprendere come il collegamento Baltico-Adriatico sia stato concepito tanto per il settore dei trasporti, quanto per la diffusione della banda ultra-larga, il cui utilizzo ai fini dell’impatto economico e degli investimenti è stato già studiato nel 2013 dalla Commissione europea, che ha constatato come la penetrazione della banda ultra larga – là dove ciò è avvenuto – abbia favorito un incremento del PIL dell’1,5%. Insomma, la nuova rete di comunicazioni innescherà inimmaginabili cambiamenti nel settore economico per quanto riguarda non solo lo scambio delle merci e delle tecnologie, ma anche lo sviluppo degli investimenti e, data la grande attrattività dell’area adriatico-ionica, del turismo culturale, con una conseguente crescita dei flussi di cooperazione e la necessità di realizzare una governance multilivello sia in ambito regionale, sia nei rapporti in primis fra i territori più direttamente interessati perché individuati come centri terminali nevralgici del corridoio, quali appunto quelli di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Ferrara e Bologna. Dato, quindi, il peso che verrà esercitato dal potenziamento dei collegamenti virtuali, sono da attendersi incisivi cambiamenti tanto sul piano culturale, quanto su quello istituzionale.
In questo contesto, si delineano per la Romagna prospettive stimolanti nella misura in cui saprà cogliere strategicamente l’opportunità che si presenta, in cooperazione con la Regione e il governo. Al contrario, infatti, se cioè la realizzazione del corridoio Baltico-Adriatico venisse rinviata, sottovalutata o peggio ancora ridimensionata nelle priorità di sviluppo del paese (se non addirittura abbandonata), a trarre vantaggio dall'ingresso russo nel WTO potrebbero essere la Turchia (visti i porti russi nel Mar Nero nord-orientale) o la dorsale atlantica (come oggi). Inoltre, Germania e Austria si stanno muovendo con grande intensità verso il Sud-Est Europeo, grazie alla costituzione della macroregione danubiana, ai corridoi orientale/Mediterraneo orientale, Mare del Nord-Mar Baltico, Atlantico e al collegamento fluviale già attivo fra Rotterdam e Costanza.
Sicché, in assenza di iniziative da parte italiana, l'Adriatico rischia di essere tagliato fuori dai grandi flussi commerciali ed economici continentali, aggravando la situazione di crisi che già oggi affligge tutti i suoi Paesi rivieraschi. Di conseguenza, diventa indispensabile prepararsi ad affrontare un potenziale cambiamento epocale nell'organizzazione del lavoro, nella produzione e gestione tanto politico-amministrativa, quanto culturale in ambito locale (intendendo con questo lo spazio emiliano-romagnolo), ma dalle implicazioni internazionali. Indugiare ora potrebbe provocare gravi ritardi, aggravando il rischio di esclusione da flussi di comunicazione cruciali: invece, è in momenti di incertezza e di crisi finanziaria internazionale che diventa indispensabile capire quali potranno essere gli scenari economico-sociali e politici del futuro, proprio per prepararsi ad investimenti adeguati ai cambiamenti e a reggere una concorrenza da Sud e da Nord che, altrimenti, diventerà schiacciante.
L'avvicinamento dello spazio baltico con quello adriatico/mediterraneo crea, in prospettiva, come si è detto, un ambiente relazionale per molti aspetti nuovo (anche se esso esisteva già nel Medioevo) rispetto alle attuali condizioni di modernizzazione locale e macroregionale. La cooperazione fra le regioni italiane dell’Adriatico settentrionale (anziché il riproporsi di sterili contrapposizioni e ambizioni localistiche) costituirebbe un fattore indispensabile al consolidamento del ruolo italiano nella logistica mediterraneo-baltica: altrimenti, a trarne vantaggio potrebbero essere altri soggetti. Basti qui solo pensare allo sviluppo competitivo del porto di Capodistria rispetto a Trieste, e all’interesse manifestato dalla Deutsche Bahn di finanziare il rafforzamento dei collegamenti ferroviari verso il porto sloveno che, a sua volta, mira ad aumentare la profondità dei suoi fondali per predisporsi ad accogliere navi di grandi dimensioni.
Nonostante ciò, esistono le condizioni per rilanciare il ruolo dell’Italia rispetto al crescere dei flussi economico-commerciali, del turismo e della cultura: la complessa rete dei novi corridoi descritti qui sopra, le rotte che si delineano, le potenzialità insite nella erigenda macroregione adriatico-ionica creano un contesto favorevole a sinergie, convergenze di interessi, azioni di squadra che, certamente, nel contesto “anarchico” italiano, impongono un profondo cambiamento di mentalità, di modus operandi. D’altra parte, se si pensa ai nuovi protagonismi di India, Cina, Brasile, Sudafrica, Turchia e Russia, si comprende facilmente quali vantaggi potrebbero essere tratti dai territori di ricezione e trasmissione di beni e dati lungo la nuova traiettoria che collegherà il Nord-Est con il Sud-Est d'Europa.
In conclusione, un’inedita, unica, opportunità si offre oggi all’Italia e al bacino adriatico-ionico: coglierla richiede certamente coraggio, un nuovo modo di cooperare e grandi sforzi, ma rinunciarvi, a causa delle attuali difficoltà economico-finanziarie e/o del prevalere di rivalità localistiche, non potrà che aggravare l’arretratezza di un’area che oggi effettivamente si presenta come la più disastrata d’Europa.