L’Istituto per l’Europa centro-orientale e Balcanica (IECOB) ed il suo portale on-line PECOB collaborano con il portale d’informazione specializzata Eastjournal.net e la MIREES Alumni International Association (MAiA), network degli alumni del corso di laurea magistrale in Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe (MIREES), offrendo a promettenti giovani studiosi d’area selezionati tra gli studenti al primo e secondo anno del master la possibilità di diventare autori per Eastjournal.net e PECOB, co-pubblicando articoli di analisti politica, economica e sociale relative all’attualità proveniente dall’Europa orientale e dallo spazio post-socialista. Le analisi più approfondite sono disponibili in questa sezione dedicata.
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Khadija è tornata. A poche settimane dalla sua scarcerazione, avvenuta lo scorso 25 maggio, l’attivista azera Khadija Ismayilova ha ripreso la parola con un’inchiesta sui benefici che la famiglia del presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ed i suoi hanno tratto dalla svalutazione della moneta azera dello scorso anno.
Il seguente report è una raccolta di quattro articoli apparsi tra settembre e ottobre 2016 su East Journal riguardanti le elezioni parlamentari croate del settembre 2016, e la formazione del nuovo governo guidato da Andrej Plenković, Presidente dell’Unione Democratica Croata (HDZ). Come il precedente governo Oresković (gennaio 2016 – giugno 2016), il nuovo governo è formato da personalità dell’Unione Democratica Croata e del Ponte delle Liste Indipendenti (Most). Al Sabor – il parlamento croato – il governo è sostenuto da 91 su 150 parlamentari, potendo contare sull’appoggio esterno del Partito Contadino Croato, della coalizione elettorale del Sindaco di Zagabria Milan Bandić, e degli otto rappresentanti delle minoranze nazionali.
L’ultimo supporter del Brexit è Milos Zeman, presidente in carica della Repubblica Ceca. Durante un discorso nella città di Velke Mezirici ha affermato che pur non approvando un abbandono dell’UE da parte del suo paese, sarebbe a favore di un referendum che lasci esprimere i cittadini cechi sull’appartenenza a NATO ed Unione Europea.
Omar al-Shishani, braccio destro del califfo Abu Bakr al-Baghdadi e “ministro della Guerra” dello Stato Islamico, è morto in Iraq in un raid americano. Per la prima volta, la conferma arriva direttamente da fonti ufficiali dell’IS, attraverso un comunicato ufficiale di Amaq, l’agenzia di informazione e propaganda dell’organizzazione, del 14 luglio.
Il governo polacco di Beata Szydło, sin dall’inizio del suo mandato, aveva auspicato il ritorno degli immigrati polacchi del Regno Unito in patria. Oggi però, dopo il Brexit, a questa speranza si è sostituito il desiderio di tutelarli, garantendogli la possibilità di rimanere.
Al meeting Visegrad del 26 agosto tenutosi a Varsavia, oltre ai premier dei paesi centro europei (Fico per la Slovacchia, Szydlo per la Polonia, Orbán e Sobotka rispettivamente da Ungheria e Repubblica Ceca) ha presenziato anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, data l’importanza a livello comunitario dei temi trattati.
Domenica 2 ottobre i cittadini bosniaci hanno votato per le elezioni municipali. I principali partiti nazional-conservatori hanno consolidato il proprio potere. Candidati indipendenti sono stati eletti sindaci in varie città a maggioranza bosgnacca, mentre Srebrenica per la prima volta avrà un sindaco di etnia serba.
Nei giorni scorsi il presidente ceceno Ramzan Kadyrov è ritornato sulla questione dell’intervento russo in Siria, proponendo di addestrare le truppe del presidente siriano Bashar al-Assad in Cecenia.
Il 18 settembre non è stato solo il giorno delle elezioni parlamentari in Russia (in anticipo e non senza polemiche): in Cecenia, quasi 700 mila persone si sono recate alle urne per eleggere per la prima volta il loro presidente, oltre che i rappresentanti locali.
Nel Caucaso russo, lo scontro tra il cosiddetto Islam moderato e l’Islam radicale sembra non arrestarsi. Sul territorio restano infatti attivi gruppi di guerriglieri islamisti che portano avanti la battaglia per la creazione di un Emirato caucasico, scontrandosi col governo russo, che cerca di ostacolarli, e con la porzione di popolazione che professa l’Islam confraternale, più moderato e in linea con l’operato di Mosca.
Il 12 settembre scorso il Segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry ha dichiarato che gli ultimi membri del controverso gruppo di resistenza iraniano Mojahedin–e-Khalq (MEK) – conosciuti in occidente come People’s Mujahedin of Iran (PMOI) – sono stati ricollocati con successo a Tirana. Ma chi sono i Mujaheddin del Popolo Iraniano? E perché si trovano a Tirana? A dispetto di ciò che ci si potrebbe aspettare dal frequente accostamento di termini quali mujaheddin, Islam, Balcani e Albania, non vi è alcun legame con l’ISIS o il fondamentalismo. Questa è un’altra storia.
Da ZAGABRIA – L’ex-generale Ante Gotovina – condannato e poi assolto per crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia (TPIJ) – è stato nominato “consigliere speciale per la sicurezza della patria” dal primo ministro Plenković. La nomina di Gotovina è stata ufficializzata il 16 novembre 2016, esattamente quattro anni dopo la clamorosa assoluzione da parte della corte d’appello del TPIJ.
Il presente report raccoglie due articoli pubblicati per East Journal riguardanti le elezioni presidenziali moldave che si sono tenute a cavallo di ottobre e novembre 2016, discutendone le figure coinvolte, i loro programmi elettorali ed il risultato finale.
Vittima di una lunga crisi economica e politica, la Moldavia si è espressa in favore del candidato socialista Igor Dodon, portavoce del rifiuto popolare per lo status quo e le inadeguatezze gestionali e morali della classe politica al potere. Oltre ad un ritorno a valori “tradizionali”, egli ha promesso ai cittadini anche un netto cambiamento in termini di orientamento geopolitico del Paese. In questo senso, le aspirazioni europeiste suggellate nel 2014 con l’Accordo di Associazione all’Unione Europea sembrano svanire in favore di una maggiore intesa con Mosca.
Sono passati venticinque anni dalla nascita delle Donne in Nero (Žene u crnom), l’organizzazione femminista e antimilitarista di Belgrado, che dall’inizio della guerra in Jugoslavia a oggi ha continuato a rappresentare una delle voci più forti della società civile serba. Questo importante anniversario è l’occasione per ricordare il percorso e gli obiettivi di un gruppo che, in uno dei periodi più bui della storia contemporanea, ha scelto di schierarsi apertamente a favore della pace.
A inizio novembre più di 150 migranti hanno lasciato Belgrado per raggiungere a piedi il confine con la Croazia, con la speranza di entrare in Unione Europea. La rotta balcanica, dichiarata chiusa lo scorso marzo, continua a essere attraversata da migliaia di persone in fuga da guerre e fame.
Lo scorso ottobre un’operazione congiunta della polizia ceca e dell’ FBI ha portato all’arresto di un hacker russo a Praga. Il fermo è stato autorizzato dall’Interpol circa 12 ore dopo l’arrivo di Yevgenyi N., questo il nome dell’hacker, nel Paese.
Un nuovo sospetto caso di censura riapre il dibattito sulla libertà di stampa in Albania. Contemporaneamente, i maggiori osservatori internazionali denunciano la precarietà della libertà di espressione nel paese e, in particolare, la crescente diffusione dell’autocensura tra i giornalisti.
Il gruppo di navi da guerra appartenenti alla Flotta del Nord ri-schierato da Mosca nel Mar Mediterraneo durante il mese di ottobre ha iniziato in data 15 novembre a prendere parte attiva nella campagna di Siria. Lo schieramento è composto dalla portaerei Kuznestov, l’unica operativa della sua categoria, ed altre navi cosiddette “capitali”, quali l’incrociatore Pyotr Velikij e le cacciatorpediniere Severomorsk e Kulakov. Seguono alcune unità di supporto per il rifornimento e il rimorchio, più un sottomarino.
Anche quest’inverno, al calare delle temperature e all’accorciarsi delle giornate, le repubbliche baltiche puntualmente guarderanno con disappunto alla firma apposta nel 2001 assieme a Russia e Bielorussia al cosiddetto accordo BRELL, così perpetuando il funzionamento della griglia sovietica di conduzione elettrica che ad anello congiunge i cinque Paesi e ne pone gli interruttori nelle mani del Cremlino.
Da ZAGABRIA – Ivan Pernar, 31 anni, giovane parlamentare del movimento anti-sistema Živi Zid (“Muro Vivente”) sta monopolizzando la politica croata con le sue posizioni anti-establishment e complottiste. Con una propaganda fatta di sapiente uso dei social, di selfie e dirette streaming per una relazione non-mediata tra leader e pubblico-elettore, raggiunge ogni giorno più giovani. Un fenomeno che fa la sua prima apparizione in Croazia.
In Republika Srpska (RS), una delle due entità che compongono la Bosnia ed Erzegovina, è stata recentemente ipotizzata una tassa sui single per far fronte al forte calo demografico. Sebbene per il momento si possa considerare solo come una provocazione, la proposta non rappresenterebbe una vera soluzione al problema.
Il 2016 di Viktor Orbán è stato un anno lungo e denso di avvenimenti rilevanti sul piano politico. Da gennaio infatti l’anno magiaro è stato scandito da un susseguirsi di eventi incisivi: le proteste del personale scolastico contro la riforma del sistema educativo ; le tensioni con l’UE dovute all’atteggiamento ungherese verso le quote stabilite dalla Commissione che hanno poi portato al referendum del 2 ottobre ; la rilevanza assunta dal Visegrad in politica estera e il ruolo di leader che Orbán vuole assumere all’interno del gruppo mitteleuropeo .
In Russia, la settimana tra l’inizio dell’anno e il Natale ortodosso è stata segnata da una domanda particolare, rimbalzata di bocca in bocca e dilagata soprattutto sui social network: dov’è Il’dar Dadin? Dell’attivista russo, diventato celebre per essere il primo condannato ai sensi di una legge draconiana sulle manifestazioni e, più recentemente, per la lettera che denunciava le torture subite nella colonia penale, non si sono avute notizie per ben più di un mese.
A circa tre settimane dalla pubblicazione della lettera-denuncia di Il’dar Dadin (che abbiamo pubblicato qui), l’attenzione mediatica verso il caso dell’attivista russo e le torture da lui subite nella colonia penale numero 7 sembra essere calata. Come l’ex membro di Russia Giusta Dmitrij Gudkov ha sottolineato, l’attenzione è stata distolta soprattutto dalle elezioni in terra statunitense. Tuttavia, la faccenda sta avendo degli sviluppi, che meritano attenzione, affinché l’intera vicenda non finisca nel dimenticatoio ancor prima che venga fatta chiarezza.
Nelle ultime settimane, l’opinione pubblica russa è stata scossa dal ritorno dell’annoso problema della memoria dei crimini staliniani. La questione, sempre e comunque attuale, è stata riportata in auge dalla pubblicazione di alcune liste contenenti i nomi dei membri della polizia segreta (NKVD) durante gli anni 1935-1939. Una lista con più di 40 mila nomi è stata pubblicata da Memorial ed è disponibile online, un’altra è stata redatta da Denis Korogodin, pronipote di una delle vittime.
La politica estera di Ankara nei Balcani non sembra aver subito contraccolpi dal raffreddamento dei rapporti tra l’Unione Europea e la Turchia. Proprio sul finire del 2016 il Presidente del Kosovo Hashim Thaçi si è recato in visita ufficiale ad Ankara, dove ha incontrato le maggiori cariche statali, tra queste, ovviamente, il Presidente della Repubblica e al momento dominus della Turchia Recep Tayyip Erdoğan.
Se dal 1989 ad oggi l’Unione Europea ha inglobato una parte consistente dell’ex blocco socialista, ciò che ancora rimane ancor al di fuori dei confini dell’Unione è sottoposto ad una crescente disputa con Mosca. Vi è tuttavia un soggetto del “vicinato condiviso” che non ha mai avuto particolari attenzioni da parte di Bruxelles, né permesso positivi sviluppi nei reciproci rapporti: la Bielorussia. Al di là dei (molti) limiti interni al Paese stesso, vale la pena per una volta volgere lo sguardo all’UE, cercando di capire quali siano le criticità del suo approccio verso Minsk.
Il 14 gennaio il ministro degli interni lituano Eimutis Misiungas ha espresso la volontà di Vilnius di costruire un muro lungo il confine con l’exclave russa di Kaliningrad. Il progetto rientra in un piano più ampio di rafforzamento dei confini con Russia e Bielorussia che, entro il 2020, dovrebbe servire ad un duplice scopo. Da un lato, fare fronte alla percepita minaccia geopolitica da parte di Mosca; dall’altro, arginare i traffici illegali di merci e persone – un problema sentito in particolare lungo il confine bielorusso, luogo principale del contrabbando di sigarette entro l’area Schengen.
La candidatura di Budapest come città delle Olimpiadi 2024 è stata ufficializzata nel 2015 e sin da subito ha diviso l’opinione pubblica e il mondo politico magiaro. Alcuni membri di Jobbik, il partito di estrema destra, ma anche i verdi e i socialisti si sono schierati contro la manifestazione sportiva. Una contrarietà trasversale quindi, che attraversa diverse correnti politiche.
Due mesi orsono è stata inaugurata la prima rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk (DNR – Donetskaja Narodnaja Respublika) sul suolo italiano, più precisamente nella città di Torino. L’avvenimento è passato in sordina a livello nazionale, anche se, più recentemente, si è giunti a una vera e propria interrogazione parlamentare firmata da alcuni deputati del PD. Ma chi c’è dietro questo centro di rappresentanza e qual è lo scopo stesso della sua esistenza?
Da ZAGABRIA – In Croazia l’interruzione volontaria di gravidanza è riconosciuta come diritto dall’epoca jugoslava. Ciò nonostante, è sempre più difficile abortire, a causa del crescente conservatorismo politico, della forte influenza della Chiesa Cattolica e dell’aumento delle associazioni in difesa della vita.
Da ZAGABRIA – Si ritorna a parlare del caso INA-MOL. La storia riguarda la maggior compagnia energetica croata INA, controllata dall’equivalente ungherese MOL, ma rivendicata dal governo croato. Lo scontro tra Zagabria e Budapest verte sulla diversa idea di sviluppo dell’INA: renderla un’impresa prevalentemente concentrata sulla rete energetica croata o integrarla in un conglomerato energetico mitteleuropeo?
Da ZAGABRIA – Una grave aggressione a matrice omofoba in un locale LGBT ha provocato numerose proteste nel paese. Diverse associazioni accusano il governo di promuovere e legittimare, attraverso le sue politiche, un clima altamente discriminatorio.
Donald Tusk ha annunciato di volersi candidare per un secondo mandato alla presidenza del Consiglio Europeo. In un summit a Malta tra i capi di stato e di governo degli stati membri il polacco, in carica dal 2014, ha dichiarato di voler continuare il lavoro iniziato ormai quasi 3 anni fa. La decisione definitiva sarà presa a Bruxelles tra il 9 e il 10 Marzo durante un altro summit dei leaders europei.
Mehriban Aliyeva è stata nominata vicepresidentessa dell’Azerbaigian da suo marito, il presidente Ilham Aliyev. Lo ha annunciato lui stesso il 21 febbraio scorso, durante il Consiglio di Sicurezza, e successivamente ha riportato la notizia sul suo sito ufficiale.
La corte di Minsk si è espressa: il blogger russo-israeliano Aleksandr Lapshin, autore del seguitissimo travel blog in lingua russa Puerrtto, verrà estradato in Azerbaigian, dove rischia otto anni di carcere per aver viaggiato in Nagorno-Karabakh.
Un post su Facebook, in cui si rifiutava di esprimere cordoglio per la caduta dell’ aereo militare russo che trasportava il coro dell’Armata Rossa e alcuni giornalisti verso la Siria. Era il 25 dicembre 2016 e Arkadij Babčenko, giornalista noto per i suoi resoconti dalla Cecenia e per il suo attivismo politico, reagiva controcorrente alla scomparsa dei 92 passeggeri. Un post sicuramente tagliente ed eloquente, quello di Babčenko, che non si aspettava che la macchina del fango lo colpisse nuovamente in modo così violento. “Mancanza di patriottismo” è solo una delle accuse rivolte a Babčenko e ad altri che, come lui, sono usciti dal coro e ancora una volta hanno espresso il loro sdegno per l’attuale situazione politica del paese e per le vicende internazionali in cui è coinvolto. C’è chi, come il deputato della Duma Vitalij Milonov, ha suggerito una soluzione dalle reminiscenze sovietiche: la privazione della cittadinanza e l’espulsione dal paese.
da ZAGABRIA – Željka Markić – volto dell’associazione U Ime Obitelj (in nome della famiglia) e attivista della destra nazionalista croata – ha recentemente aperto uno scontro con il settimanale Novosti, voce indipendente e critica nel panorama mediatico croato e nominalmente testata della minoranza serba.
Negli anni ’90, le repubbliche e le nazioni costituenti della Jugoslavia hanno decretato la fine dello stato federale e tentato di ricostituirsi in stati-nazione sovrani attraverso una violenta ridefinizione etno-nazionale del territorio e della sua cittadinanza. Dunque negli stati post-jugoslavi i riferimenti positivi allo stato comune sono andati scomparendo e il suo mito fondante nella lotta di liberazione antifascista è stato ridimensionato e nazionalizzato. Ciononostante, l’inconsistente ripetitività degli slogan nazionalisti accompagnati dalla totale ininfluenza in politica estera e il fascino della liberazione antifascista jugoslava fanno sì che parte della popolazione continui a celebrare i vecchi riti.
Durante il terzo meeting del Southern Gas Corridor Advisory Board, tenutosi a Baku il 23 febbraio scorso, il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda è tornato a parlare del Tap, il gasdotto che dalla frontiera greco-turca porterà il gas azero in Europa attraverso Albania e Italia.
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