PECOB Portal on Central Eastern
and Balkan Europe
by IECOB & AIS
Università di Bologna  
 
Friday November 22, 2024
 
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Segnali Importanti per l’Economia Polacca

 

scritto da Matteo Lunni
Associazione Italiana Polonisti



Mentre i paesi dell'Europa occidentale soffrono i contraccolpi della crisi globale che, dal 2008, ne colpisce le economie, quelli centro-orientali segnano risultati importanti e in totale controtendenza, con un balzo per certi versi paragonabile ad altre aree del mondo.
Le ragioni sono molteplici: il consolidamento di un nuovo mercato interno, l'inizio della stabilizzazione dopo gli anni dell'austerità successiva alla fine del comunismo e all'apertura al mercato, l'aumento degli stipendi e la creazione di una borghesia benestante, la crescente mole di importazioni ed esportazioni dovute all'adesione ad aree di libero scambio, tra cui l'UE stessa, l'attrazione di capitali ed investimenti internazionali, il forte input costituito dal corretto utilizzo dei fondi strutturali europei.
In questo quadro spicca, in particolare, la Polonia che, da diversi anni, fa registrare una costante crescita, malgrado la crisi abbia notevolmente decelerato i ritmi travolgenti dei primi anni 2000.
I dati mostrano che, nonostante gli ondulamenti annui, l'economia polacca è in buona salute: il commercio estero fa registrare una crescita, non più solo delle importazioni come avveniva in passato, ma anche delle esportazioni, segno della maturità del sistema produttivo polacco. Nei primi 5 mesi del 2015 le importazioni sono cresciute del 0,9% mentre le esportazioni del 8,1%, con un balzo del +9,4% verso l'UE. A questo proposito dal 2004, anno dell'ingresso nell'Unione, le esportazioni polacche in seno all'Unione sono raddoppiate, sino a raggiungere il 4%, costituendo la maggiore crescita tra i Paesi della zona centrale e orientale.
In questo periodo le imprese polacche hanno esportato una mole di denaro pari al doppio del PIL nazionale, soprattutto in importanti rami dell’industria, quali automobilistico, elettronico, elettrodomestico e mobiliare.
Inoltre si segnalano nuove interessanti partnership con Paesi extraeuropei, in particolare Cina e India: con quest'ultima la Polonia è pronta a scambiare tecnologia, soprattutto nei settori accesso al mercato e conservazione del cibo, ma anche beni e servizi, soprattutto per quanto riguarda la difesa, le infrastrutture e le ferrovie.
Anche il tasso di disoccupazione nell'agosto 2015 ha toccato il minimo di sempre e, con il suo 11,7%, non si discosta di molto da quello dei Paesi occidentali durante la crisi e, in ogni caso, è di gran lunga inferiore al 20% precedente all'ingresso nel mercato comune europeo: da allora sono stati creati oltre 2 milioni di nuovi posti di lavoro.
Questo risultato è dovuto sia alla crescita dell'economia polacca nel suo insieme, sia ai corposi investimenti esteri e alle delocalizzazioni di imprese occidentali in Polonia.
Dal 2004 ad oggi il PIL è raddoppiato e, malgrado il rallentamento avutosi dal 2009 in poi, il tasso di crescita non è mai sceso sotto l'1,5%, con una punta addirittura del 4,3% nel 2011.
Benchè con risultati talvolta al di sotto delle aspettative, specialmente in alcuni settori come le costruzioni, il commercio al dettaglio e la produzione industriale, questo trend positivo si è mantenuto anche per gli anni successivi permettendo di affermare che la Polonia è l'unico Stato nell’UE a non aver subito la recessione. Per il 2016 le previsioni della Commissione Europea stimano una crescita del + 3,4%.
Anche gli altri dati macroeconomici sono confortanti con un'inflazione media prossima allo 0 e un debito pubblico in calo, destinato a raggiungere il 50% del PIL.
Grazie anche a questi risultati essa, tra tutti gli Stati dell’Europa centrale e orientale (PECO), è stata scelta dal maggior numero di investitori esteri, in particolare provenienti dagli Stati comunitari. Solo questi ultimi hanno riversato nelle casse dell'economia polacca 99 miliardi di euro.
Una fonte di immissione di denaro straniero è il turismo che, grazie ai prezzi bassi, ai migliori servizi e all'istituzione di voli diretti verso le principali città polacche, ha conosciuto un vero e proprio boom.
Naturalmente le opportunità fornite dal libero mercato hanno funzionato anche al contrario: gli investimenti polacchi diretti all'Unione sono passati da poco più di un miliardo di euro a oltre 33. Le imprese polacche hanno delocalizzato circa 230 mila dipendenti e la loro crescita all'estero ha consentito di crescere anche in Patria creando ulteriori 100 mila posti di lavoro.
Oltre ai capitali streanieri un importante input è venuto dai fondi europei: grazie ad essi dal 2004 al 2013 le spese complessive per gli investimenti sono aumentate del 75%.
Sul fronte delle aziende, grazie ai cofinanziamenti sono stati realizzati 62.600 diversi progetti, per un valore di circa 20,9 miliardi di euro, in ambiti quali nuove tecnologie, ricerca e sviluppo, incubazione di nuove imprese ed e-servizi.
Per quanto riguarda l'agricoltura e l'agro-alimentare, circa 1,4 milioni di aziende agricole hanno ricevuto pagamenti diretti per complessivi 13,1 miliardi di euro, mentre altre 1,5 milioni hanno ricevuto cofinanziamenti pari a 29 miliardi di euro per l' ammodernamento.
Relativamente al settore pubblico le risorse provenienti da Bruxelles hanno coperto oltre la metà degli investimenti, permettendo la concretizzazione di ben 160 mila progetti, tra i quali quelli per costruire 673 km di autostrade, 808 km di superstrade, 36 mila km di reti fognarie e 683 depuratori di liquami. Inoltre, nell’istruzione, oltre la metà delle scuole (circa 20 mila istituti) ha allestito laboratori informatici con circa 250 mila postazioni computer, in più sono stati aperti oltre 2.800 asili e in altri 2.200 sono stati creati ulteriori nuovi posti.
Dall'adesione all'UE la Polonia ha ricevuto 61,4 miliardi di euro e dal 2009, essa ha il primato di miglior beneficiario continentale: questo buon risultato farà si che, nel budget 2014–2020, verranno confermati corposi finanziamenti.
Questi dati ci danno l'idea di un'economia sana e in crescita, facilmente adattabile e attenta alle opportunità presenti, a cui la classe dirigente, formatasi in gran parte in Occidente, è da sempre attenta ed è stimolata da un ceto imprenditoriale ormai maturo, con un proprio potere di lobbying, anche in sede internazionale, e da una macchina amministrativa e diplomatica lungimirante e sensibile allo sviluppo.

 

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