di www.pecob.eu
Una delle problematiche maggiormente rilevanti che affliggono attualmente tutti gli stati moderni nella gestione del territorio e della società sono i rifiuti prodotti dal modello di sviluppo industriale moderno. L’Unione Europea pone la questione dei rifiuti tra le sue priorità sia dal punto di vista ambientale e sanitario che dal punto di vista economico. Il costo dello smaltimento dei materiali di scarto derivanti da molteplici attività diverse è orami altissimo e si ripercuote anche sull’ordine pubblico attraverso la sempre maggiore indisponibilità delle popolazioni locali ad ospitare discariche ed inceneritori sul proprio territorio.
Alla ricerca di vie di uscita plausibili da questa situazione in via di rapido peggioramento, le iniziative promosse dall’Unione Europea per mezzo di diverse direttive e provvedimenti legislativi faticano ad ottenere gli effetti sperati. Ciò è dovuto essenzialmente alla contraddizione di fondo esistente tra una economia basata sulla produzione quantitativa ed il consumo di beni e servizi in quantità sempre maggiori da un lato e la necessità di garantire la protezione della natura e della salute umana dall’altro lato.
In questo contesto molti stati europei sono tentati dall’intraprendere scorciatoie, le quali consentano di liberarsi dai rifiuti prodotti senza rivedere significativamente il proprio modello di sviluppo.
A questo proposito, una delle scorciatoie adottate da privati ed amministrazione pubblica è rappresentata dall’esportazione dei rifiuti stessi al di fuori dei confini nazionali verso stati che possiedono una legislazione meno severa in materia. In questo modo è oggi possibile risolvere provvisoriamente il problema dei rifiuti e contemporaneamente lasciare intatti i nodi di fondo del sistema produttivo nel suo complesso, estremamente difficoltosi da risolvere per la Commissione Europea ed i singoli governi nazionali.
Tra i paesi disponibili ad accogliere rifiuti dall’estero ad un prezzo relativamente conveniente vi è l’Albania. Già sospettata di essere al centro di traffici di rifiuti importati illegalmente, Tirana negli ultimi anni ha tentato di rendere legale questa pratica favorendo l’importazione di materiale di scarto di vario genere dall’estero.
Questo non significa che l’importazione illegale sia cessata, ma certamente quella che era una pratica non regolamentata, controversa e discutibile, sta divenendo ufficialmente una fonte di reddito legale per lo stato ed i privati albanesi. Nonostante esista una lista di materiali consentiti dalla legge albanese al di fuori della quale l’importazione rimane tutt’ora illegale, una parte dell’opinione pubblica e dei partiti politici (tra i quali i socialisti vincitori delle ultime elezioni politiche) rimangono scettici riguardo la possibiltà di diventare stabilmente la destinazione privilegiata
dell’immondizia prodotta dai paesi europei limitrofi.
Il dissenso verso il nascente mercato dei rifiuti in Albania ha portato la Corte Costituzionale albanese ad approvare l’indizione di un referendum su tale questione, dopo che decine di migliaia di firme sono state presentate da organizzazioni ambientaliste e da gruppi di cittadini. Esso si terrà nel dicembre del 2013 e sarà un test determinante per lo sviluppo o l’estinzione del mercato dei rifiuti importati.
Ad animare il dibattio non è solo il punto di vista ambientale, ma anche quello economico. I rifiuti sono avvertiti come una problematica urgente da molti paesi (come ad esempio l’Italia), i quali sono potenzialmente inclini a spendere somme significative per scaricare l’onere dello smaltimento su altri soggetti al di fuori dei propri confini. Ciò attribuisce a tale settore economico un potenziale finanziario che non può essere facilmente ignorato in nome della difesa dell’ambiente, soprattutto in un momento storico segnato dalle difficoltà economico-finanziarie internazionali.
Dall’altro lato, alcuni settori economici ancora più rilevanti, ad esempio quello del turismo o quello dell’agricoltura, risentiranno negativamente ed in maniera considerevole di un eventuale via libera ufficiale, definitivo e su ampia scala alle importazioni di rifuti sul territorio albanese.
Sembra che l’Albania tenti di specializzarsi in un settore con grandi margini di sviluppo e guadagno, ma che nel contempo voglia sfruttare un vantaggio comparato non corrispondente alle sfide competitive che gli stati europei devono affrontare. Utilizzare lo spazio fisico e la legislazione nazionale al fine di smaltire rifiuti che altrove richiederebbero procedure e costi maggiori, contrasta vistosamente con la ricerca di settori economici innovativi e sostenibili in grado di proiettare le economie europee verso un futuro economico sostenibile.
Inoltre, le politiche comunitarie promosse dalla Commissione Europea si pongono in opposizione con il percorso che l’Albania sembra volere intraprendere in tema di rifiuti.
In particolare sono due i punti critici da sottolineare in proposito. In primo luogo, l’Albania ambisce a candidarsi ufficialmente per il suo futuro ingresso nell’UE e ad accellerare i tempi dell’ingresso stesso. In questo quadro il paese dovrà progressivamente assimilare gli elementi della legislazione europea in vigore ed adattarsi conseguentemente agli standard ambientali raggiunti dalla maggior parte delle nazioni europee.
Favorendo le importazioni di rifiuti di varia tipologia dall’estero, sarà certamente più difficile per Tirana dimostrare la sua adesione agli standard europei, i quali prevedono tra l’altro una graduale diminuzione della quantità di rifiuti entro i confini di ogni stato membro o candidato. Un secondo elemento che contrasta con la possibile apertura del mercato dei rifiuti importati in Albania, riguarda i paesi di provenienza. Anche da parte di questi ultimi la Commissione Europea si aspetta una progressiva diminuzione quantitativa ed una corrispondente minore produzione di rifiuti, siano essi gestiti sul territorio nazionale o esportati.
Il caso dell’Italia, più volte ripresa da Bruxelles per la gestione insoddisfacente ei rifiuti sul proprio territorio, è in questo senso emblematico. La possibilità di esportare materiali di scarto in Albania sarebbe una alternativa al diminuire la quantità di rifiuti prodotti e non contribuirebbe alla realizzazione di una strategia volta alla riduzione dei rifiuti alla fonte.
Ciò può essere valido anche per altri stati e l’individuazione di una soluzione come quella l’esportazione al problema dei rifiuti all’interno del continente europeo costituirebbe un arretramento rispetto agli obiettivi ambientali posti dalla Commissione Europea.
Tra essi infatti spicca al primo posto la prevenzione della produzione di rifiuti in grandi quantità. In questa ottica, la priorità della riduzione del volume di rifiuti enunciata nei documenti ufficiali della Commissione Europea appare incompatibile, tanto per i paesi potenzialmente esportatori di rifiuti quanto per l’Albania come potenziale importatore di rifiuti, con lo sviluppo di un mercato dei materiali di scarto che raggiunga dimensioni significative e che veda come destinazione finale le discariche o gli inceneritori albanesi.
PECOB: Portal on Central Eastern and Balkan Europe - University of Bologna - 1, S. Giovanni Bosco - Faenza - Italy
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